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Romanzo di Jane Austen

L’odiato Principe Reggente fu il primo acquirente di Jane Austen

 

Poche settimane fa, un invidiatissimo giovane ricercatore ha fatto un ritrovamento prezioso mentre era al lavoro negli archivi reali del Castello di Windsor: una ricevuta di un libraio londinese datata 28 ottobre 1811 e intestata a nientemeno che Sua Altezza Reale il Principe Reggente, per l’acquisto di alcune novità editoriali tra cui il romanzo di esordio di una scrittrice anonima, “a Lady“, una signora,  dal titolo Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento).
In pratica, il Reggente aveva pre-ordinato (come diremmo oggi) il primo romanzo pubblicato da Jane Austen – che, infatti, sarebbe uscito proprio due giorni dopo quell’acquisto eccellente.
Egli non poteva saperlo in quel momento ma la lettura di quel romanzo si sarebbe trasformata in una fervida e duratura ammirazione, a tal punto da indurlo a conservare una copia di tutti i romanzi pubblicati dalla signora in ognuna delle proprie residenze. E da desiderare di incontrarla…

Lo scalpore suscitato dal ritrovamento della ricevuta è inversamente proporzionale alle piccole dimensioni del documento non solo perché qualunque cosa porti il nome di Jane Austen attira immediatamente l’attenzione del pubblico di tutto il mondo ma anche perché dimostra che il futuro re Giorgio IV è stato uno dei primissimi (se non il primo) acquirenti dell’autrice.
Il titolo di Primo Janeite della Storia, tuttavia, non potrebbe essere assegnato alla peggiore persona possibile, almeno per la diretta interessata, poiché Jane lo detestava con amabile convinzione, come dimostrano alcuni giudizi liberamente espressi nelle sue lettere.
Insomma, anche questo postumo twist of fate assume un’ironia sommamente austeniana!

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Il regalo più bello del 2017 a Jane Austen

Nel giorno del 242mo compleanno di Jane Austen, che cade nell’anno del Bicentenario della sua morte, mi sono chiesta quale sia stato il regalo più bello donato da questi dodici mesi di intense celebrazioni del suo genio letterario in tutto il mondo. La mia scelta è un luogo che unisce idealmente vita, morte e arte di questa grande autrice e che ho potuto visitare la scorsa estate, durante un viaggio memorabile.

Il 2017 sarà ricordato nel calendario austeniano come l’anno del Bicentenario dei Bicentenari austeniani – cioè quello che, nella lunga emozionante serie di bicentenari austeniani di questi anni dieci del ventunesimo secolo (avere avuto l’opportunità di viverli è un onore di grande privilegio, lo sapete, vero?), ha ricordato i duecento anni trascorsi dalla morte di Jane Austen e ne ha celebrato il genio letterario in tutto il mondo, nelle forme più disparate.
Mi sono spesso soffermata a riflettere sulle multiformi espressioni che l’ammirazione per la Grande Autrice ha assunto durante questi mesi e nella gigantesca ed eterogenea messe di incontri, conferenze, mostre, cerimonie, statue, monete, rievocazioni storiche in costume e/o danzanti, più o meno filologiche e più o meno davvero austeniane, a base di tè e/o letture, e via celebrando, ne ho individuate due particolarmente apprezzabili: la proliferazione di pubblicazioni inedite in italiano (di cui presto avrò il piacere di parlare in uno degli ultimi tè delle cinque dell’anno), e il memoriale di College Street a Winchester, che finalmente rende onore a Jane Austen nell’ultimo luogo in cui è vissuta, nel paio di mesi pieni di speranza di guarigione che si spense quel fatidico 18 luglio di duecento anni fa.
Ho avuto la fortuna di visitare questo memoriale lo scorso mese di giugno, durante il viaggio in Austenland organizzato da Jane Austen Society of Italy, condividendo pensieri, letture ed emozioni con una trentina di Socie e Soci.

Dunque, nel giorno del compleanno di Jane Austen di questo 2017, ho pensato di mettere insieme tutte queste contrastanti suggestioni nel tè delle cinque di oggi, tornando con voi davanti a quel monumento – secondo me, l’omaggio più bello al suo genio eterno nell’anno del Bicentenario della sua morte. Servitevi di tè e altri generi di conforto e venite con me a Winchester, in una College Street finalmente sistemata a dovere per ricordare con il rispetto dovuto la sua inquilina più gloriosa.

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L’Estate, il Mare del Devonshire e l’Amore Perduto.
La storia dell’innamorato misterioso di Jane Austen

“Infinities of love”, dettaglio dal film Miss Austen Regrets (Io, Jane Austen), 2008

Tra tutti gli aspetti sfuggenti della vita di Jane Austen, i moti del suo cuore sono in assoluto i più inafferrabili.
Ci è concesso baloccarci con pochissimi, striminziti indizi sparsi qua e là nelle sue lettere e nei ricordi altrui. Ci intestardiamo a tentare di colmarne i vuoti, a definirne i contorni, a stabilirne le certezze, con l’aiuto della nostra fantasia e delle nostre riflessioni. E proviamo a consolarci maldestramente del fatto (questo, sì, del tutto certo per quanto ci rattristi) che non avremo mai una realtà con cui sostituirli. Di fatto, della sua vita sentimentale non sappiamo niente. Proprio come la lingua che batte immancabilmente dove il dente duole, questa lacuna fastidiosa torna sempre a tormentarci.

Nelle conversazioni dal vivo o in rete, o nei testi di varia natura che mi capita di leggere o ascoltare sui mezzi di informazione (soprattutto in coincidenza della cosiddetta “festa degli innamorati” del 14 febbraio), c’è un commento che sembra legato indissolubilmente all’abitudine di associare Jane Austen al “romanticismo”, un termine troppo spesso confuso con il sentimentalismo (se non addirittura con il genere del romanzo rosa). Il commento potrebbe essere efficacemente, per quanto brutalmente, sintetizzato nella seguente constatazione: è un’autrice che sa parlare con maestria dell’amore, pur non avendolo mai conosciuto.
Di solito, la mia reazione è duplice e intensa. Innanzitutto, il fatto che non si sia mai spostata, o che a noi non sia mai arrivata alcuna notizia certa sulle sue vicende sentimentali, non significa che non si sia mai innamorata. In secondo luogo, la capacità di uno scrittore è nel saper leggere l’animo umano, osservare e indagare la vita, ed esprimere questa indagine sulla pagina a prescindere dalle sue esperienze personali dirette.
Di fronte ai soliti dubbi pubblici sull’amore mai-o-forse vissuto da Jane Austen, tendo a distogliere lo sguardo, anche perché mi prende una sgradevole sensazione di essere inopportuna, come se indagare questo aspetto della sua vita sia non solo inutile ma irriverente, un po’ come spiarla nelle vicende più private che lei e la sua famiglia dopo di lei hanno cercato sempre di mantenere tali.
Dovrebbe bastarci ciò che lei stessa ha voluto rendere pubblico, cioè i suoi romanzi.
E invece, lo confesso, anche il mio pensiero talvolta indugia su quel vuoto…

L’unica, esile soddisfazione diffusa in tutto il popolo Janeite resta sempre lui, il bell’irlandese Tom Lefroy, il flirt giovanile dagli indizi vagamente più corposi, divenuto di dominio pubblico in questa nostra epoca dalla curiosità massificata grazie a un film di grande successo, Becoming Jane (in italiano, con sottotitolo: Ritratto di una donna contro) del 2007, che ha liberamente rielaborato una già molto libera biografia sull’argomento, Becoming Jane Austen, di Jon Spence del 2003.

Eppure, c’è una storia tanto più emozionante quanto più rarefatta sono i suoi contorni, che ci racconta di un giovane di rara qualità incontrato sulla costa del Devonshire all’inizio dell’Ottocento, colui che più di tutti sembra aver conquistato il cuore imperscrutabile di Jane, ma perduto per sempre in circostanze tragiche. E di cui oggi non ci resta nemmeno il nome.
È una storia che pochi conoscono, anche tra gli ammiratori più tenaci o gli studiosi più informati. E di cui ci rimane un solo, brevissimo resoconto, per di più in terza persona, ma da una fonte più che certa: Cassandra Austen, sorella di Jane.
Questa storia è la più vaga tra tutte quelle rintracciabili nelle testimonianze sulla sua vita  anche perché le parole di Cassandra sono riportate da Caroline Austen, la nipote che tanto ha contribuito al materiale raccolto dal fratello James Edward per il Memoir of Jane Austen (Ricordo di Jane Austen) – e sono parole che Caroline (insieme ad altre nipoti) avrebbe udito quando ormai la zia era anziana e forse più propensa a fare qualche confidenza rivelatrice sul filo dei ricordi (o semplicemente più stanca e con la guardia abbassata).
Questa storia emozionante e misteriosa mi è tornata in mente di recente e credo sia interessante ricordarla oggi, per provare a mettere un po’ di ordine nel groviglio di elementi sentimentalisti che si sono incrostati sulla vita di Jane Austen.  Metto da parte la mia reticenza e, apprestandomi a reiterare mille scuse alla diretta interessata per questa invasione della riservatezza, provo a ricordare la semi-sconosciuta storia del grande e perduto amore di Jane Austen.

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Così non parlò Jane Austen. Diffidate delle false citazioni!

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Il doodle che Google dedicò a Jane Austen nel 2010

Gloria e benedizione alla Rete, dove è possibile trovare qualunque informazione/documento/notizia/immagine, su qualsiasi argomento, di qualunque epoca, in qualunque momento, e ovunque noi siamo (a condizione di avere una connessione), compresa Jane Austen. È sufficiente digitarne il nome, e la quantità e varietà di risultati restituiti dalla ricerca è a dir poco travolgente, testimone del vasto e crescente seguito che Miss Austen, classe 1775, continua ad avere, a conferma del fatto che è una vera icona pop dell’era digitale.
Si può dire che ormai anche internet sia da annoverare tra i luoghi di Austenland.
In rete, infatti, sono innumerevoli gli omaggi che gli appassionati le riservano: dai blog e siti dedicati, all’oggettistica, alla cosiddetta fanart, cioè le immagini create dalla fantasia degli ammiratori, e che vanno da disegni originali ad alterazioni personali di immagini preesistenti. Non c’è limite alcuno a ciò che può essere “austenificato” dalla passione e fantasia dei Janeite. I quali amano, con la stessa intensità e in maniera contestuale, andare a caccia di questi omaggi alla loro beniamina lungo la rete e condividerli sui profili social o nei propri blog.

Le citazioni sono una fonte inesauribile di fanart, non solo digitale: frasi celebri tratte dalle sue opere letterarie o dalle lettere fregiano oggetti e danno vita a immagini originali. Le parole pensate e scritte da Jane Austen due secoli fa sono oggi più che mai fonte del modernissimo e digitale “user generated content”, contenuto generato dagli utenti.
Io stessa do alla rete, e prendo da essa, contenuto di questo genere – ad esempio ogni volta che pubblico un mio tè delle cinque virtuale o condivido una foto significativa sui canali social.

Inevitabilmente, in una Rete così affollata, ricca e variegata può capitare qualche corto circuito.  Da qualche tempo, infatti, sto assistendo alla vasta diffusione di un fenomeno assai curioso e – ahimé – preoccupante: le citazioni austeniane apocrife, cioè frasi che vengono attribuite a Jane Austen, e come tali elogiate e condivise a più non posso, ma che sono in realtà tratte dalla sceneggiatura di film o sceneggiati ispirati alle sue opere.
E che oggi provo a ricordare in questo tè delle cinque, per cercare di offrire il mio piccolo contributo per sgomberare il campo dagli equivoci. Così NON parlò Jane Austen!

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Chi ben comincia è dentro all’opera.
Breve riflessione sul primo capitolo del primo romanzo pubblicato.

Sense and Sensibility, copertina di H. ThomsonRileggere Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento) per il Jane Austen Book Club di Bologna ha rimesso in moto una quantità di riflessioni, o meglio elucubrazioni in libertà – una parte delle quali riverso oggi in questa breve tazza di tè meditativa dedicata proprio all’inizio del romanzo.

Credo che la prima caratteristica dell’abilità compositiva di JA che salta all’occhio di chiunque inizi a leggere i suoi romanzi sia, per l’appunto, l’inizio, il primo capitolo, per la sua straordinaria capacità di portare il lettore nel cuore dell’azione: l’autrice non si limita soltanto (e scusate se è poco) a dipingere un accuratissimo quadro della situazione ma, addirittura, nel fare ciò prende il lettore saldamente per mano e, nel giro di pochi paragrafi, lo porta baldanzosa dentro quel quadro. Il romanzo diventa subito un grande quadro vivente tutto intorno a noi.
Questo accade fin dall’inizio – intendo l’inizio del destino pubblico di scrittrice – con il primo romanzo pubblicato, Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento), che stabilisce immediatamente questa sana, entusiasmante abitudine, che si ripeterà in tutti gli altri romanzi, per la gioia incontenibile dei lettori.
(in realtà, accade fin da un altro inizio, quello vero, primigenio, della Jane Austen scrittrice privata, la dodicenne argutissima che compone il suo primo romanzo, Frederick & Elfrida, incluso negli Juvenilia, di appena otto pagine e già portatore in nuce di tutto quanto sarebbe stato composto negli anni seguenti)
A riprova di ciò, invito i miei sei lettori a fare un divertente esperimento e rileggere il primo capitolo dei sei romanzi canonici. Una folgorazione.
Quando chiudiamo il primo capitolo di Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento), abbiamo tutte le coordinate del caso per sapere dove siamo, con chi siamo, e in quale situazione. Non solo: ci siamo già formati le nostre brave prime impressioni.

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