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Jane Austen illustrata. La leggendaria “Peacock Edition” di Pride and Prejudice del 1894

Pride and Prejudice, Hugh Thomson, peacock edition, 1894
fonte: victorianweb.org

Ogni anno inizia sotto la stella, calda e luminosa, di Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio). Gennaio è infatti il mese in cui cade il compleanno di questo romanzo, che vide la luce il 28 gennaio del 1813. Il giorno dopo, scrivendo di questa lieta notizia alla sorella Cassandra, Jane Austen stessa lo definì my own darling child, il mio adorato bambino, e tale sembra essere sempre stato nei suoi primi 207 anni di vita presso il pubblico di lettrici e lettori poiché resta inequivocabilmente (pur in assenza di alcun dato statistico alla mano) il più amato e il più famoso dei sei romanzi perfetti di Miss Austen.
Il suo compleanno è sempre un’ottima occasione non solo per rileggerlo ma anche per esplorare il terreno fertilissimo delle rielaborazoni che germogliano senza posa sulle sue pagine luminose.

Nelle ultime settimane, nelle edicole italiane ha fatto furore l’apparizione di un volume di Orgoglio e Pregiudizio particolarmente curato nell’aspetto grafico – un po’ meno in quello testuale, che sta raccogliendo diverse segnalazioni di refusi piuttosto gravi, e assai meno dal punto di vista dello spot pubblicitario che lo ha accompagnato, con un raccapricciante “Jane Austen è di tendenza” pronunciato da una voce fuori campo sulle immagini di alcune giovani donne che, mostrando il libro, si specchiano e ammiccano come in una sfilata di moda. Un vero tripudio di stereotipi austeniani e femminili, purtroppo. Ma è pur sempre un’iniziativa che porta la Grande Letteratura all’attenzione del Grande Pubblico, e questo resta encomiabile.

La tanto elogiata copertina che raffigura un pavone con la sua gigantesca, coloratissima coda a ruota che campeggia su tutto lo spazio disponibile non è una creazione originale perché si ispira molto direttamente a una famosa, amatissima, leggendaria edizione di Pride and Prejudice di oltre un secolo fa: la cosiddetta peacock edition, ovvero edizione del pavone, così chiamata per la presenza di un pavone dalla grande coda dorata sulla copertina, appunto, che fu pubblicata dall’editore londinese George Allen nel 1894 (e non 1885, come indicato dall’edizione in edicola).
Alla bellezza e accuratezza dei disegni di un grande artista come Hugh Thompson, l’editore unì l’arguta analisi di un eminente studioso come George Saintsbury: nella sua brillante Prefazione, inventò la parola che ci identifica tutti, Janeite, fissando così sulla carta i contorni di quello che era già diventato un vero e proprio fenomeno, ovvero la crescente popolarità di Jane Austen, che da quel momento non si sarebbe più fermato.
In questo tè delle cinque desidero raccontare la storia e il valore di questa che è ancora oggi una delle edizioni di Pride and Prejudice più luminose e leggendarie e, molto probabilmente, la più amata dai Janeite di tutto il mondo. Non mi resta che aprire con voi la preziosa copertina col pavone.

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Come nasce la parola “Janeites” (3) – Disponibili in italiano i due testi che l’hanno creata: “Prefazione a Orgoglio e Pregiudizio” di G. Saintsbury,e “I Janeites” di R. Kipling

La parola Janeite esprime l’essenza dell’ammirazione totalizzante per Jane Austen – per intenderci, quella che provoca un legame ideale e profondo, addirittura affettivo, con la donna-scrittrice, fino a generare una vera e propria dipendenza da tutto ciò che la riguardi, le sue opere così come la sua vita.
La folta schiera di ammiratori che cresce a vista d’occhio ogni giorno in ogni parte del mondo si riconosce senza esitazione in ciò che questo significante molto efficacemente esprime.
Mentre scrivo questo esordio, penso inevitabilmente a come questa parola sia stata usata per molto tempo (un tempo vicinissimo più a noi che alla sua ispiratrice) con un’accezione negativa, che ne radicalizza la componente emotiva al fine di indicare, con ingiusta limitazione, gli appassionati di Jane Austen persi nella modalità estrema del fanatismo più puro.
Ed è così che, per esorcizzare questa interpretazione fuorviante e riduttiva, mi ritrovo a pensare immediatamente alla sua origine – nobile, intensa, geniale. Che non perdo mai occasione per ricordare.
E così, oggi, in questo tè delle cinque, colgo l’occasione per invitarvi a conoscere da vicino proprio i due testi che costituiscono questa importante origine – poiché non ci si può dire Janeite senza conoscerli, tanto più che, finalmente, sono disponibili in italiano.

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La terza dichiarazione per Elizabeth Bennet

La prima dichiarazione, secondo www.pemberleypond.com

Siamo talmente abituati a sentire etichettare Jane Austen come “roba da donne” – o da educande, che pensano solo al matrimonio, per di più vantaggioso, perfette eroine da romanzo rosa, solo per ricordare alcuni dei più forti ed infondati luoghi comuni – che non riusciamo a reprimere un moto di piacevole sopresa, che si tramuta subito in entusiasmo, quando un uomo mostra interesse e gradimento per la nostra beniamina.
Di più, siamo inevitabilmente portate – noi, donne austeniane – a guardare con un occhio di grande riguardo e profonda ammirazione un tale uomo.
Spingendomi più in là, potrei persino dire che, così, trasformiamo in affermazione la fatidica domanda di Lizzie, these are the words of a gentleman, queste sono parole da gentiluomo. Salvo beneficio d’inventario, s’intende.
Al novero degli Austeniani di genere maschile appartiene il Prof. George Saintsbury (1845-1933) studioso di letteratura inglese, docente universitario, che non solo ha dedicato il proprio lavoro all’opera di Jane Austen, lasciando analisi acute e di riferimento per chiunque tratti la materia, ma è anche il padre del termine che ci accomuna tutti in questa ammirazione (devozione? fanatismo? scegliete ciò che vi si addice di più, anche tutti e tre): Janites.
Abbiamo già avuto modo di scoprire questa sua fondamentale paternità, condivisa con un altro grande della cultura inglese, Rudyard Kipling.
(Per saperne di più, invito a leggere i post della serie Come nasce la parola Janites)

Oggi, torno a curiosare nello scritto che ha visto la nascita del termine e del concetto di Janeite per riprendere un tema che sembra germogliare spontaneamente, come un binomio inscindibile con Jane Austen e/o con Pride and Prejudice: l’amore per Elizabeth Bennet.
Servitevi abbondantemente di tè e dolcetti, dunque, stiamo per assistere ad una lunga, originale, entusiastica “terza dichiarazione”.

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Come nasce la parola “Janeites” (2)

Se il 1894 è la data di nascita della parola Janites (scritta proprio così) , il 1926 è quella della sua consacrazione. Quell’anno, Rudyard Kipling riprende un racconto che aveva già pubblicato due anni prima in una rivista e, dopo qualche modifica, lo include nella raccolta Debits and Credits. Il titolo del racconto è, esattamente, The Janeites (I “Janeites”).
E’ una storia di guerra – apparantemente anni luce lontano dal microcosmo di Jane Austen, che mai neppure sfiorò tale argomento nei propri romanzi.

Come Rudyard Kipling è arrivato a questa scelta? E in che modo ha intrecciato questi due elementi all’apparenza così diversi?
(…Servitevi abbondantemente di tè e biscotti. La chiacchierata sarà un po’ lunga ma molto interessante…)
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Come nasce la parola “Janeites” (1)

Da quando Sense and Sensibility ha fatto conoscere al mondo il genio di Jane Austen, la sua magia ha valicato i confini del tempo e dello spazio ed ha conquistato un esercito sempre crescente di ammiratori devoti che, cercando lei, trovano se stessi. Sì, perché Jane, senza essersene mai resa conto e senza averlo mai voluto, è una vera maestra di vita. Non è sorprendente, dunque, che tali ammiratori abbiano una vera e propria dipendenza da tutto ciò che ruota intorno a lei, come donna e come scrittrice. Né che amino esprimere il riconoscimento di questo potere terapeutico con il nome che li accomuna tutti: Janeite.
Chi non ammira Jane Austen ma osserva il fenomenale seguito che ha prodotto, usa questo termine in senso dispregiativo, per indicare un vero e proprio fantismo che poco ha a che fare con l’apprezzamento letterario e molto invece con lo sfruttamento commerciale e consumistico. Ma vi siete mai chiesti come e quando è nato questo termine?
Ne ho già accennato qualche tempo fa, in una chiacchierata leggera che riassumeva i fatti salienti che hanno portato alla definizione di questo epiteto (Janeite: una salutare dipendenza), ma oggi vorrei tornare sull’argomento, con uno sguardo più attento alla nascita di questo termine.

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