Mi spiace interrompere il piacevole, gioioso giretto di Chawton, tanto più che vi avevo promesso di completare la lunga ed emozionante visita alla casa-museo e di concederci un tè ristoratore. Torneremo presto al calore del cottage di Chawton, ve lo assicuro. Ma oggi non posso esimermi dal farvi fare una piccola deviazione imposta dalla ricorrenza odierna
Nel recente viaggio in Inghilterra non abbiamo mancato di visitare l’ultima tappa della vita terrena di Jane Austen. Il giorno dopo aver visitato Chawton, il luogo della sua rinascita, infatti, siamo salite su un autobus poco affollato a Alton per attraversare i pochi chilometri della verdissima campagna inglese fino a Winchester, il luogo della sua morte.
Jane vi fu portata il 24 maggio del 1817, quando la malattia di cui soffriva ormai da mesi in modo sempre più acuto fece decidere la famiglia a tentare tutto il possibile avvicinandola all’ospedale della città perché fosse curata meglio.
Che le condizioni di Jane fossero ormai gravi lo testimoniano alcuni particolari: nel mese di marzo dovette sospendere la redazione di Sanditon; poco dopo, il 13 aprile, risulta confinata a letto; ed il 27 di quello stesso mese fa testamento.
Le sorelle Austen, dunque, arrivarono a Winchester, in una casa in College Street, al n. 8, procurata dalle amiche di famiglia, Elizabeth e Alethea Bigg, che vivevano in città.
Ed è davanti a questo edificio che andiamo oggi.
College Street è esattamente dietro l’imponente e splendida cattedrale: passiamo sotto alcuni contrafforti laterali e poi sotto gli archi di un’antica porta medievale, Kingsgate
ed eccola subito di fronte a noi.
Vedendo la strada che è stata l’ultima meta della sua vita, Miss Claire ed io siamo molto turbate. Jane è passata di qui quel giorno, sotto la pioggia (quasi come ora, che è nuvolo e pioviggina…) senza sapere che non avrebbe mai più rivisto l’amata casa di Chawton, né sua madre, che è rimasta là ad aspettarla.
E sembra di vederla, sofferente ma paziente, sostenuta dalla forza dell’amata sorella, mentre passa sulla carrozza e si ferma davanti alla casa che dovrà ospitarla. Ma qual è, ci chiediamo mentre, imbocchiamo College Street. Sarà quella laggiù, vicino a quell’edificio di quell’improbabile colore giallo-verde?…
I nostri passi sono un po’ titubanti: abbiamo quasi la sensazione di disturbare il raccoglimento di quei giorni lontani. E quando arriviamo lì davanti, è difficile non sentirsi improvvisamente tristi, come se Cassandra stessa avesse fatto capolino da dietro questa porta per far entrare il dott. Lyford, il medico che ha in cura Jane.
Noi ci sediamo proprio lì, sul muretto di fronte.
E non riusciamo a fare altro che contemplare, in silenzio, la targa, la porta, l’aspetto un po’ dimesso della facciata, chiedendoci quale stanza occupasse Jane, se avesse la possibilità di dare un sguardo alla strada per cogliere quella vita quotidiana di cui non riusciva più a fare parte e che tanto le piaceva osservare.
Il nostro Alloggio è molto confortevole. Abbiamo un lindo Salottino con un Bovindo che affaccia sul giardino del Dr Gabell.
(lettera al nipote James Edward, del 27 maggio 1817 – l’ultima lettera, tra quelle giunte fino a noi, che risulti compiutamente scritta da Jane)
Non ci è dato visitare le stanze che l’hanno vista patire tanto e a lungo per lasciare questo mondo (oh, così giovane, così piena di cose meravigliose ancora da fare, vedere e raccontare!). La casa oggi è una proprietà privata: un laconico biglietto ce lo ricorda inesorabilmente.
Ne siamo assai rammaricate ma forse è meglio così: lasciamo che il ricordo di quei giorni di sofferenza riposi per sempre nella memoria delle lettere e delle biografie.
Nemmeno l’improvvisa uscita del proprietario (un signore di mezza età, con occhiali da vista e camicia bianca, che quasi fugge via dopo aver chiuso la porta – quella porta per noi così significativa!) riesce a scuoterci.
Non si preoccupi, penso: so bene che noi Janeite possiamo essere davvero insopportabili quando siamo colti da impennate di entusiasmo fanatico per la nostra amata scrittrice. Ma qui è impossibile, glielo assicuro. Ripenso a quei momenti…
Jane ha soltanto dei rari e brevi periodi di ripresa, del tutto illusori.
[…] Chi mi assiste è incoraggiante, e parla di completa guarigione. Vivo principalmente sul divano, ma ho il permesso di passeggiare da una stanza all’altra. Sono uscita una volta in portantina, e lo rifarò, e sarò promossa alla sedia a rotelle non appena il tempo lo permetterà. Su questo argomento voglio solo ancora dire che la mia carissima sorella, la mia tenera, attenta, instancabile infermiera, non si è ammalata per le sue fatiche. Riguardo a quanto le devo, e all’ansioso affetto di tutta la mia amata famiglia in questa circostanza, posso solo piangere, e pregare Dio di benedirli sempre di più. (frammento di lettera di data incerta, tra 28 e 29 maggio 1817)
Nel mese di giugno la sua salute è già del tutto compromessa e peggiora sempre di più, fino a quel 17 luglio quando Cassandra, rientrando in casa, la trova così grave che chiama il dott. Lyford, il quale le somministra un sedativo. Jane perde conoscenza e, lentamente, scivolando via in punta di piedi (una vera signora, fino alla fine) ci lascia alle 4 e mezza del mattino. È il 18 luglio del 1817.
Ho perso un tesoro, una Sorella, un’amica che non potrà mai essere superata. – Era la luce della mia vita, rendeva preziosa ogni piccola gioia, alleviava ogni pena, mai le ho nascosto un mio pensiero, ed è come se avessi perduto una parte di me stessa. L’ho solo amata troppo, non più di quanto meritasse, ma sono consapevole che il mio affetto per lei mi rendeva talvolta ingiusta e negligente verso gli altri, e posso riconoscere, più che come un principio generale, la giustizia della mano che ha vibrato questo colpo. –
(lettera di Cassandra alla nipote Fanny Knight, 20 luglio 1817)
No, non voglio pensare al prosieguo di questa lettera.
La morte di Jane è raccontata da Cassandra con una prosa pulita ma dal tono confidenziale, ed è impossibile non commuoversi leggendola, o sentirsi come degli intrusi che piombano con la loro morbosa curiosità nel mezzo di un momento così doloroso ed intimo…
Mi alzo dal muretto. E’ ora di lasciare qui questi pensieri così cupi. Fa ancora freddo ma il sole ha vinto le nubi: non posso non sorridere mentre penso all’energia che emana dai suoi scritti, piena di luce e calore, alla forza dirompente che scorre sotto le sue parole apparentemente così innocue. Ed è lì che Jane appare più viva e scalpitante che mai.
Va bene, andiamo. Un ultimo saluto, dunque, prima di tornare a Chawton.
Dear Aunt Jane, grazie per avermi insegnato tutto sulla vita, l’amore, me stessa. E per continuare a farlo.
Link Utili:
– lettera al nipote James Edward, del 27 maggio 1817
– frammento di lettera di data incerta, tra 28 e 29 maggio 1817
– lettera di Cassandra alla nipote Fanny Knight, 20 luglio 1817
Nota:
Tutte le lettere citate sono tradotte da Giuseppe Ierolli e tratte dal sito jausten.it
Un post triste, ma veramente bello!!!! Peccato che zia Jane se ne sia andata così presto chissà quante fantastiche storie avrebbe potuto scrivere ancora e farci sognare più di quello che già facciamo!
Sono veramente rammaricata per la sua scomparsa in così giovane età. Sono sicura che aveva ancora moltissime cose da raccontarci ma che la sua malattia ha portato via prematuramente. Certamente avrebbe potuto provare nuove ,ma soprattutto, profonde esperienze. Quando solo immagino che in circa 20 anni di scrittura ha potuto scrivere alcuni tra i romanzi più belli e significativi di tutti i tempi chissà cosa avrebbe scritto se solo vosse vissuta qualche anno di più. Un’altra Jane non credo ci sarà più, forse qualcuno la imiterà ma una tale, rara, donna è solo un pregiato modello di perfezione!!
Erika, 14 anni, dalla sperduta campagna di Bergamo
Benvenuta, Erika, giovanissima Janeite!
Gli incantesimi di Jane Austen possono essere ottime fondamenta per il tuo percorso di crescita interiore. Sono sicura che ti accompagneranno sempre, negli anni a venire, come fonte inesauribile di ispirazione.
Torna ai nostri tè delle cinque e non esitare a lasciare un tuo commento ogni volta che vorrai. Grazie!
My Dearest,
ho le lacrime agli occhi, di nuovo…
Non avevo idea che tu avessi scritto questo post, so che è stupido pensarlo, dato che tu, molto più di me, sei attenta a queste ricorrenze. Eppure, è stata una sorpresa leggerti, rivivendo quei passi comuni, a noi due e a Jane.
La commozione ancora non mi ha lasciata, ho appena terminato di scrivere un simile post su questo giorno, ripercorrendo la medesima memoria emozionale… niente a che spartire con il tuo post sempre così preciso e colmo di riferimenti.
Il mio è un omaggio di natura intima, dove emergono soprattutto sensi e sentimenti e quel sesto senso che mi ha ricordato l’importanza di questo triste giorno, che ha spento la vita della nostra migliore Maestra, ma che l’ha consacrata all’eternità.
Grazie per questo post. Grazie per aver condiviso e continuare a condividere tutto questo.
Sono in ufficio da sola per fortuna, poiché, giuro, ho le lacrime agl’occhi come quel giorno, quando ci siamo sedute senza il coraggio di parlare davanti a quella piccola porta verde.
Ti lascio il mio post, se non altro per condividere anche qui, la magia che la cara Zia Jane ha operato, incosapevole, sui nostri animi:
Dear Aunt Jane… da qui all’eternità
Ti voglio bene, mia carissima Amica d’OltreAppennino!
La tua LizzyP
ho letto questo post con lo stesso amore che ha portato te a scriverlo…
bacio
Mi hai lasciata senza fiato……… post bellissimo e denso di poesia!
Mia cara Silvia,
condivido il tuo sentimento di enorme perdita e sono commossa – così come lo sono stata per il post di LizzyP – che abbiate voluto condividere con noi la vostra esperienza. Sono certa che lo spirito curioso di zia Jane vi avrà osservate benevolmente da quelle finestre, mentre eravate sedute sul muretto ad osservare l’ultima casa in cui ha alloggiato; sarete state sicuramente state un diversivo per lei, come tutte le migliaia di Janeites che si sono recati lì davanti, senza poter entrare. E non si può certamente biasimare l’attuale padrone di casa se vuole stare tranquillo, né lo si può costringere a fare una distinzione fra fan e fan…
Leggere questo post in ricordo della Zia Jane mi ha fatto commuovere, sul serio. Ancora una volta grazie, Silvia, perchè condividi tutto questo con noi.. ma un grazie va sopratutto a Zia Jane, a lei che ci ha insegnato inconsapevolmente tutto della vita e continua a guidarci anche oggi. Un abbraccio,
Sara.
Il mio grazie va di nuovo a tutti/e coloro che hanno commentato il post ma, come giustamente avete sottolineato, a Jane Austen in primis per ciò che ci ha regalato.
Il grande rammarico è proprio in quel punto interrogativo che avete espresso così bene: quante altre meraviglie avrebbe potuto creare? Sì, perché, considerato ciò che è rimasto, siamo sicurissimi che Jane avrebbe saputo infondere la propria magia anche nelle eventuali ulteriori opere.
Questa è una delle ragioni per cui leggere il frammento di Sanditon mi provoca sempre una profonda tristezza (il che mi porta a leggerlo il meno possibile – scusa, Zia!).
Un abbraccio!
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