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Come nasce la parola “Janeites” (2)

Se il 1894 è la data di nascita della parola Janites (scritta proprio così) , il 1926 è quella della sua consacrazione. Quell’anno, Rudyard Kipling riprende un racconto che aveva già pubblicato due anni prima in una rivista e, dopo qualche modifica, lo include nella raccolta Debits and Credits. Il titolo del racconto è, esattamente, The Janeites (I “Janeites”).
E’ una storia di guerra – apparantemente anni luce lontano dal microcosmo di Jane Austen, che mai neppure sfiorò tale argomento nei propri romanzi.

Come Rudyard Kipling è arrivato a questa scelta? E in che modo ha intrecciato questi due elementi all’apparenza così diversi?
(…Servitevi abbondantemente di tè e biscotti. La chiacchierata sarà un po’ lunga ma molto interessante…)
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Come nasce la parola “Janeites” (1)

Da quando Sense and Sensibility ha fatto conoscere al mondo il genio di Jane Austen, la sua magia ha valicato i confini del tempo e dello spazio ed ha conquistato un esercito sempre crescente di ammiratori devoti che, cercando lei, trovano se stessi. Sì, perché Jane, senza essersene mai resa conto e senza averlo mai voluto, è una vera maestra di vita. Non è sorprendente, dunque, che tali ammiratori abbiano una vera e propria dipendenza da tutto ciò che ruota intorno a lei, come donna e come scrittrice. Né che amino esprimere il riconoscimento di questo potere terapeutico con il nome che li accomuna tutti: Janeite.
Chi non ammira Jane Austen ma osserva il fenomenale seguito che ha prodotto, usa questo termine in senso dispregiativo, per indicare un vero e proprio fantismo che poco ha a che fare con l’apprezzamento letterario e molto invece con lo sfruttamento commerciale e consumistico. Ma vi siete mai chiesti come e quando è nato questo termine?
Ne ho già accennato qualche tempo fa, in una chiacchierata leggera che riassumeva i fatti salienti che hanno portato alla definizione di questo epiteto (Janeite: una salutare dipendenza), ma oggi vorrei tornare sull’argomento, con uno sguardo più attento alla nascita di questo termine.

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La prima volta che incontrai Jane Austen

Orgoglio e Pregiudizio, MGM, 1940

Sarei banale se dicessi che accadde per caso? Sì, perché tutti i libri che leggiamo in realtà ci chiamano, a gran voce, mentre noi continuiamo a pensare che sia frutto del caso.

(Un’amica lo sta leggendo, ma guarda il caso… Ne ha parlato la tv, ma guarda il caso… Stavo facendo un giro in centro e l’ho visto nella vetrina, ma guarda il caso… Lo avevo incrociato studiando per un esame all’università, ma guarda il caso…)
Ogni volta che inizio l’ennesima  rilettura, è un po’ come “tornare a casa” trovando però sempre qualcosa di nuovo, di speciale… Ed immancabilmente mi torna in mente un’altra esperienza specialissima: la prima, appunto…

Avevo vent’anni esatti quando Jane Austen mi chiamò, la prima volta, da un film in bianco e nero.
Avevo appena visto in tv Rebecca la prima moglie ed il mio cuore aveva palpitato per quell’antipatico, imperscrutabile, fascinosissimo Max De Winter impeccabilmente interpretato da Laurence Olivier. Così, quando vidi che avrebbero trasmesso un altro suo film, non esitai a guardarlo. Era Orgoglio e Pregiudizio del 1940.

Chi lo ha visto sa che è appena un accenno al romanzo originale, con molte eclatanti libere interpretazioni. Quindi non si stupirà nel sapere che sì, mi piacque molto, ma non me ne innamorai – non subito, almeno. Questo film non era ancora esattamente Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Ma era solo questione di tempo, pochissimo tempo…

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Janeite: una salutare dipendenza!

Janeite (pron. geinait – trascr. fonetica: dʒeɪˌnaɪt) è il termine con cui si indica la persona incondizionatamente appassionata di tutto ciò che in qualunque modo riguardi Jane Austen, dalle sue opere alla sua stessa persona. Insomma, Jane Austen dipendente (Jane Austen addict).
Si tratta di un vero e proprio culto cresciuto inesorabilmente negli ultimi due secoli, e che non accenna a diminuire, semmai è in forte crescita da almeno un decennio ed ha assunto i connotati di un fenomeno di massa con tratti maniacali.
Chi voglia sapere com’è nato questo termine non deve fare altro che leggere i tè delle cinque dedicati a questa storia di passione ed erudizione, che passa attraverso l’inventiva di due grandi uomini ammiratori di Jane Austen: George Saintsbury e Rudyard Kipling. Vai ai post su Come nasce la parola Janeite.

Questo post, dunque, potrebbe essere del tutto inutile ma recentemente ho letto un riassunto della storia del termine Janeite, talmente breve ed esauriente, nonché chiaro e piacevole, che ritengo possa affiancarsi degnamente agli articoli di approfondimento perché ne costituisce un breve antipasto.
Inoltre, ci ho ritrovato, interamente, me stessa insieme a tutto il vortice turbinoso della Jane Austen Mania, o dell’Austen Power secondo i punti di vista. Ecco perché desidero trascriverlo qui.

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La mia droga si chiama Jane Austen

Premessa. Questo è il primo post che ho scritto quando decisi di immergermi nel grande mare di internet e provare ad affidare alle sue onde i miei pensieri in libertà su Jane Austen.
Era il 6 dicembre 2010 quando la pubblicazione di questo post segnò la nascita di Un tè con Jane Austen, e non avrei mai potuto immaginare, nemmeno nei miei pensieri più sfrenati, quali gioiose conseguenze sarebbero sate generate da questa mia prima, ingenua, sincera elucubrazione.
Questo blog nacque sulla piattaforma di Google, Blogger (che non smetterò mai di ringraziare perché è stata una palestra insostituibile per fare pratica con “le cose da blogger” che non conoscevo) ed era firmato da me con quella che ritenevo essere un’adeguata “identità da blogger”, Sylvia-66 (poi diventata, più austenianamente, LizzyS-Sylvia66).
Nel trasloco a questa piattaforma, WordPress, per qualche oscuro inghippo informatico (nel quale, di certo, c’è anche il mio insepertissimo zampino), questo leggendario post restò indietro, come se si rifiutasse di essere sradicato dal suo terreno di nascita… L’ho fedelmente ricopiato qui per completezza di informazione, senza alcuna modifica – un po’ per fedeltà affettiva, un po’ perché il contenuto è ancora valido oggi (con la sola eccezione del viaggio nei luoghi austeniani, che in seguito ho effettivamente compiuto).
Ma lui, il Primo Post, continua ad esistere nell’Universo parallelo del Dominio di blogspot.com, con tutta la sua rutilante grafica originaria ed i suoi splendidi, primi commenti, a imperitura memoria e testimonianza dell’eziologia dei miei tè delle cinque austeniani.
Grazie e Buona lettura!
Silvia Ogier, 11/06/2015


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Sul mio comodino, è sempre pronto all’uso il volume che raccoglie tutti i romanzi completi di Jane Austen (ed. BUR) – come una personale copertina di Linus per l’anima, da leggere nelle lunghe notti di tempesta cerebrale, riscaldate da una fumante, consolatoria tazza di tè.
E un’intera sezione della nostra libreria è occupata da libri, audiolibri, DVD, etc. che hanno un qualche riferimento alla scrittrice o alla sua opera (il cosiddetto “altarino austeniano”) – tutti ovviamente letti, guardati, ascoltati, insomma usati innumerevoli volte.

Ho quasi paura ad avventurarmi in un viaggio alla scoperta dei luoghi della vita della cara zia Jane perché so già che sarei colta da un attacco persistente di mania compulsiva e tornerei a casa con gli oggetti più disparati a tema austeniano.

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Già in libreria (online oppure off line, non importa), devo compiere un certo sforzo per dominarmi. Mi picco di essere molto democratica e di non escludere a priori le opere concepite “intorno a Jane Austen”, anche se applico sempre un minimo di selezione preventiva. Ma la verità è che sono facile vittima del bieco marketing editoriale o cinematografico che non perde occasione per sfruttare la sua inesauribile vena aurea.

Così, se ho scartato a priori certe evidenti nullità come Orgasmo e Pregiudizio, non ho esitato ad avventurarmi nella lettura di deludentissimi prodezze librarie come Orgoglio e Pregiudizio e Zombi o Mr Dacry, vampyre.

Tuttavia, rifiutando tutto a priori, non avrei mai avuto il piacere di incontrare la trilogia su Mr Darcy di Pamela Aidan né le indagini di Jane scritte da Stephanie Barron. Nè avrei visto la miniserie della BBC Lost in Austen, o l’ennesimo Orgoglio e Pregiudizio, quello di Joe Wright del 2005.
In breve, la mia austen-mania è multiforme ed in continua evoluzione.

E poiché scrivere ha da sempre su di me un potere catartico e riflessivo, ho deciso di usare questo blog come quaderno dei pensierini in cui riversare in libertà tutte le elucubrazioni intorno alla materia austeniana, senza escludere incursioni in territori diversi ma affini, come le sorelle Bronte, Elizabeth Gaskell, Virginia Woolf – in breve, la letteratura al femminile (dove una donna può essere libera di esprimere la propria sensibility senza perdere un grammo del proprio sense).

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Vi ringrazio fin d’ora se avrete la pazienza di leggermi e di condividere con me la vostra dipendenza, sorseggiando insieme un’inebriante tazza di tè.
Sylvia-66

vai al post originale (sì, è ancora là, fedele nei secoli alla sua Prima Piattaforma)