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Un tè con Virginia e Jane nella stanza tutta per sé

…Perché è un enigma senza fine cercare di capire come mai nessuna donna abbia scritto una sola parola di quella straordiazia letteratura mentre un uomo su due, a quanto sembrava, era in grado di comporre una canzone o un sonetto. In quali condizioni vivevano le donne, mi chiedevo […].
Consentitemi di immaginare, dal momento che i fatti sono così difficili a ottenersi, che cosa sarebbe accaduto se Shakespeare avesse avuto una sorella meravigliosamente dotata, chiamata Judith, poniamo. […] Nel frattempo, quella sua sorella straordinariamente dotata, immaginiamo, rimaneva in casa. Era altrettanto desiderosa di avventura, altrettanto ricca di fantasia, altrettanto impaziente di vedere il mondo quanto lo era lui. Ma non venne mandata a scuola […], dovette essere promessa in moglie al figlio di un vicino mercante di lane.
[…] E così quella donna, nata nel sedicesimo secolo con il dono della poesia, era una donna infelice, una donna in lotta contro se stessa. Le sue condizioni di vita, i suoi istinti, tutto era ostile a quello stato d’animo che è indispensabile a lasciar libero quanto si ha nel cervello.[…] A lei il mondo non diceva, come agli uomini, Scrivi pure, se vuoi; per me non fa alcuna differenza. Il mondo, sganasciandosi dalle risate, le diceva: Scrivere? E a che ti serve scrivere?

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Jane Austen e Mary Wollstonecraft. Un interessante articolo della JASNA su questo eventuale legame.

Quali sono, se ci sono, i legami tra la prima teorica del femminismo occidentale, Mary Wollstonecraft, e Jane Austen?
Queste due grandi donne furono contemporanee per un po’, almeno fino al 1797, anno in cui la prima morì, ma non sappiamo se Jane abbia mai letto o riflettuto sulla Rivendicazione dei diritti della donna, pubblicato nel 1792, e sul dibattito che ne nacque e che proseguì sempre più vivo, senza mai fermarsi – anzi, diventando la base per un vero e proprio movimento culturale.
Non finiremo mai di discutere se Jane Austen sia da ritenere femminista e, se sì, fino a che punto –  ma questo non può che essere salutare!
Ecco un ottimo spunto di riflessione: sul sito di JASIT, un articolo tratto dalla rivista Persuasions della Jane Austen Society of North America (JASNA), tradotto in italiano da Mara Barbuni:
Me lo sono sempre chiesta… la donna Jane avrà letto quel libro? O articoli di giornale o saggi dedicati all’argomento? Che ne pensava? Nelle sue lettere non c’è alcuna traccia di ciò, e le sue opere…
Ebbene, su di esse vorrei riportare un brano tratto da questo articolo, e che trovo illuminante:

[…] anche Austen è una formidabile critica femminista. La sua voce è certamente più gentile, ammorbidita dai matrimoni che concludono i libri, dalla sua straordinaria ironia e dal senso dell’umorismo. Tuttavia c’è anche una solida presa di posizione femminista, che suggerisce che Austen, come Wollstonecraft, era in linea con una delle questioni più accese della sua epoca: il ruolo delle donne nella società.

Presto, ne riparleremo alla nostra maniera, cioè in forma di chiacchierata durante un tè delle cinque.
Per il momento, buona lettura e buona riflessione!

Dallo scaffale di Jane: Evelina, di Fanny Burney

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Leggere i libri che Jane Austen leggeva ha vantaggi molteplici, che vanno al di là del puro piacere di leggere, vantaggioso in se stesso: permette di farsi un’idea del panorama editoriale e letterario dell’epoca nonché della formazione della sensibilità narrativa della Jane giovane lettrice e scrittrice.
Perciò, dopo I misteri di Udolpho di Ann Radcliffe (autrice di cui avevo già letto, tanti anni fa, Romanzo Siciliano), mi sono imbarcata nell’esplorazione di un’altra scrittrice particolarmente amata e citata da Miss Austen: Frances “Fanny” Burney (13 giugno 1752 – 6 gennaio 1840).
In successione, ho letto Evelina, il suo primo romanzo, un grandissimo successo dell’epoca, e Cecilia, il secondo romanzo, strettamente legato a Pride and Prejudice proprio per la scelta del titolo (anche se non ne abbiamo alcuna prova certa), di cui parleremo nel prossimo tè delle cinque. Ben presto inizierò il terzo romanzo, Camilla, quello per il quale la stessa Jane, ventenne, scelse di sottoscrivere pubblicamente la raccolta di denaro utile a finanziarlo (per saperne di più, si veda il link al post in fondo alla pagina).

Oggi vi invito ad accompagnare il nostro tè con il primo romanzo di Fanny Burney, Evelina, or The History of a Young Lady’s Entrance into the World, provando ad immaginarci nella stessa situazione in cui molto probabilmente si trovò una giovanissima Jane Austen quando lo lesse la prima volta, cioè seduti nella drawing room della canonica di Steventon con la numerosa e vivace famiglia Austen, tutti intenti in un’appassionante lettura da alta voce.
Non saremo lontani dalla verità perché, grazie ai Memoir familiari, sappiamo che questa era un’abitudine consolidata del clan Austen e che Jane aveva una bella voce nonché la capacità di vivacizzare la lettura. Riuscite a vederli mentre ascoltano Jane e magari commentano il testo insieme a lei, proprio come faremmo noi nei nostri gruppi di lettura?…

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Il nome di Jane diventò pubblico una sola volta…

…nel corso della sua vita, su un libro che non fu scritto da lei ma da un’altra scrittrice.
Questa storia curiosa ma emblematica della vita di Jane Austen è poco conosciuta ed oggi mi piace ricordarla qui per sottolineare quanto grande fosse l’amore di Jane nei confronti della scrittura e delle donne scrittrici, in ogni momento della sua pur breve vita.
Sappiamo che Jane Austen pubblicò tutti i suoi romanzi in forma anonima. Ne ho già chiacchierato in questa sala da tè sottolineando come questo dipendesse, da un lato, dalla sua volontà e dal suo carattere certamente schivo di fronte alla notorietà ma anche, dall’altro, da un forte condizionamento sociale che all’epoca di fatto impediva alle donne di essere personaggi pubblici, di esporsi al di fuori della cerchia familiare e di conoscenze dirette, di sfuggire al controllo della società patriarcale e, ad esempio, firmare con il proprio nome un libro (e, più in generale, di decidere autonomamente della propria vita).

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By a Lady è l’unico indizio reperibile sul frontespizio del primo romanzo pubblicato, Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento). E i successivi romanzi faranno sempre riferimento a quelli che li precede con la formula By the author of. Eppure, il nome di Jane Austen fu stampato a chiare lettere su una pagina di un libro una volta sola, anche se si trattò del libro di qualcun’altra – ma illustre ed amiratissima.
Ed è di questo evento fondamentale nonché carico di significati e retroscena importanti che oggi vorrei chiacchierare in vostra compagnia.

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Lizzy e Darcy tra San Valentino e l’8 marzo (da La Gazzetta del Sud e F)

8 marzo 2013. Se persino il calendario mette insieme l’anno del Bicentenario di Pride and Prejudice con la giornata internazionale dedicata alle donne, la tentazione di cedere alla coincidenza diventa irresistibile per una Austen-dipedente nonché femminista impenitente come me, fieramente allergica agli pseudo festeggiamenti (che ci sarà poi da festeggiare?) che offuscano il vero significato di questo giorno.
Nel mio tradizionale tè del venerdì, anticipato alla colazione del mattino in questo venerdì 8 marzo 2013, dunque, mi concedo il lusso di cedere alla tentazione di parlare di Pride & prejudice e di donne. E di azzardare anch’io accostamenti arditi…
Lo faccio lasciando parlare tre articoli decisamente femminili, apparentemente assai diversi tra loro ma vicinissimi nello spirito.

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