The Watsons arriva a teatro ed è il primo adattamento in assoluto (finalmente!)

The Watsons on stage
The Watsons a teatro – fonte: The New York Times, nytimes.com

Nel post di Capodanno, ho raccontato la scena di ballo più lunga e minuziosa mai scritta da Jane Austen, ovvero la grandiosa scena che apre l’incompiuto The Watsons (I Watson). In chiusura di quel tè delle cinque a passo di danza, ho sottolineato come sia sorprendente, in modo talmente eclatante da apparire inspiegabile nonché assurdo, che la settima arte non si sia mai appropriata dei Watson.
Ci sono stati tentativi letterari di completare l’opera abbandonata (a cominciare dalla nipote Catherine Hubback, nel 1850, per finire nel 1996 con Joan Aiken). Ma nessuno ha mai portato questo romanzo sul palcoscenico né sullo schermo, malgrado la sua natura teatrale. Proprio come qualunque altra opera di Jane Austen, infatti, anche questo incompiuto presenta una sceneggiatura perfetta già pronta per essere impastata, cotta e consumata. Se qualcuno si è preso il disturbo di portare sullo schermo il più doloroso degli incompiuti austeniani, Sanditon, legato strettamente alla morte della sua autrice, non si vede perché non possa esserlo quest’altro incompiuto, così luminoso e storicamente interessante.
Eppure qualcosa si è già messo in moto perché, come riportavo nell’ultima frase del mio post di Capodanno, si ha notizia di un recentissimo adattamento per il teatro, che è di fatto il primo adattamento in assoluto di quest’opera così spesso dimenticata anche dai Janeite più ferventi.
Oggi – anche per distrarre tutti i Janeite dall’imminente arrivo dell’ennesimo adattamento di Emma per il cinema (sì, lo so, non ne abbiamo mai abbastanza!) – mantengo la promessa che ho fatto a Capodanno: andiamo a prendere il nostro tè delle cinque nel West End londinese dove lo spettacolo The Watsons sta per compiere un grande debutto, dopo un rodaggio di successo iniziato nel 2018 a Chichester, nel Surrey, e proseguito in un dei teatri più brillanti e innovativi di Londra. Accomodiamoci in sala, dunque, lo spettacolo dei Watson ha inizio.


È il mese di novembre del 2018 quando i giornali britannici riportano il felice debutto di una pièce scritta da Laura Wade e diretta da Samuel West, tratta da un’opera incompiuta di Jane Austen, da cui prende il titolo, The Watsons. Lo spettacolo era andato in scena al Minerva Theatre di Chichester, Surrey, a più di cento chilometri da Londra.
Il Guardian lo definisce «a stunning play», un’opera stupenda, e ne scrive con entusiasmo avendo cura di avvertire i lettori: se hanno intenzione di andarla a vedere, non devono proseguire la lettura perché uno dei tanti piaceri di questo adattamento è la sua capacità di coglierci di sorpresa di continuo. L’elogio è tutto per l’autrice dell’opera, Laura Wade, che riesce ad essere ironica e seria nell’affrontare l’arduo compito di portare sul palcoscenico l’opera austeniana, e darle anche una fine. La regia di Samuel West sembra concretizzare al meglio il testo e gli attori sono unanimemente lodati per l’ottima interpretazione.

Il punto cruciale dell’adattamento sta in un espediente ben riuscito: nella storia appare un nuovo personaggio, di nome Laura, che è – guarda caso – una scrittrice su cui i personaggi, abbandonati dalla loro autrice (Jane Austen), riversano le loro ansie da destino in sospensione (come fa la protagonista Emma, che si infuria nel sapere di essere di fatto intrappolata in un’opera di fantasia, per di più incompiuta), fino a mettere in discussione l’autorità della loro stessa creatrice.

The Watsons on stage
fonte: The Guardian, theguardian.com

Laura Wade ha spiegato che tutto è iniziato quando un produttore le aveva proposto di scrivere un adattamento teatrale di uno dei sei romanzi maggiori di Jane Austen: aveva rifiutato perché non era interessata all’ennesima reinterpretazione di Orgoglio e Pregiudizio, come ha dichiarato. Ma si è poi imbattuta in una copia dei Watson che l’ha incuriosita subito, anche per le domande che la sua incompiutezza poneva: è stato un abbadono volontario? Se sì, per quali motivi? Oppure semlicemente a Jane Austen è venuto un classico e micidiale blocco dello scrittore?

Nell’articlo del New York Times del 6 novembre 2018, la giornalista riporta molti dettagli di un’intervista concessa da Laura Wade a proposito della genesi e della composizione dell’adattamento.
Ha lavorato al testo per dieci anni, cercando di pensare con la mentalità di oltre 200 anni fa, ma anche di trovare una fine che, da un lato, riscattasse Emma Watson da un inizio così difficile ma, dall’altro, fosse il più possibile coerente con il romanzo e con il finale che il nipote biografo di Jane ha raccontato nel suo Memoir del 1870.
Se la prima metà del testo segue fedelmente quello originale di Jane Austen, riproponendo la maggior parte dei dialoghi del romanzo, la seconda parte, che inizia nel momento in cui questo si interrompe, vede la protagonista e tutti i personaggi reclamare il proprio destino al cospetto di una scrittrice dei giorni nostri, Laura, che si ritrova catapultata sulla scena – in un rimando al pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore, come la stessa Wade riconosce.
La contemporaneità, quindi, irrompe nel mondo di inizio Ottocento, fornendo non solo il pretesto per sondare soluzioni nuove ed inimmaginabili ma, soprattutto, per dimostrare come anche questa opera di Jane Austen sia perfettamente in sintonia con la nostra epoca.
«Trattare una materia che ami, può intimorire», ha dichiarato l’autrice al New York Times, professando così la propria ammirazione per la magnifica Jane e il timore reverenziale che l’ha accompagnata durante la stesura: si tratta pur sempre di rielaborare personaggi e dinamiche creati da un’altra autrice (e che autrice!) e le due entità che spaventavano di più Laura Wade non erano i critici teatrali ed il pubblico in generale, come accade sempre, ma i suoi stessi simili, ovvero i Janeite, e gli studiosi di Jane Austen.

L’adattamento però è piaciuto a tutti, come dimostrano il successo di pubblico che ha ottenuto fin da subito nonché le dichiarazioni di diversi studiosi austeniani, tra cui Kathryn Sutherland, una dei massimi esperti di Jane Austen oggi, che ha dichiarato al New York Times di aver apprezzato molto il fatto che Laura Wade abbia dato vita allo «spirito della Jane Austen adolescente», meno conosciuto dai più, rendendolo «moderno, in modo arguto».

The Watsons on stage
fonte: The Guardian, theguardian.com

Finalmente, l’incompiuto e negletto The Watsons (I Watson) di Jane Austen sembra aver avuto un trattamento degno della sua preziosa qualità letteraria, dopo i tentativi fatti in quello stesso campo da chi ha scritto romanzi tentando di completarlo: nel 1850, Catherine Hubback, nipote di Jane; nel 1928, la pronipote di Catherine, Edith Brown (a quanto pare, questo completamento è sempre stato un affare di famiglia); e infine nel 1996 Joan Aiken. Sempre secondo Sutherland, si tratta di opere insoddisfacenti – e posso dichiararmi apertamente d’accordo almeno sull’unica che conosco, ovvero quella di Joan Aiken, recensita anche su questo blog (vedi link in fondo al post).

Che sia stato un grande successo, per di più meritato, lo dimostra anche il fatto che il Jane Austen’s House Museum di Chawton ha annunciato pochi giorni fa che i due creatori di The Watsons, la sceneggiatrice e autrice teatrale Laura Wade ed il regista Samuel West, sono stati nominati Ambassadors (ambasciatori) della casa-museo asteniana per il 2020.

The Watsons on stage

Dopo il debutto a Chichester alla fine del 2018, lo spettacolo è approdato a Londra, al Menier Chocolate Factory, a due passi dal fantastico Borough Market. Di lì agli onori del mitico West End, il passo è stato davvero breve e dal prossimo 8 maggio The Watsons sarà allo Harold Pinter Theatre.
Se vi capiterà di passare da Londra, non mancate di andare a vedere questo spettacolo (io farò di tutto per assistervi, considerata l’ammirazione assoluta per la grandiosa scena di ballo che lo apre e per la splendida, appassionata protagonista, Emma, disegnata da Jane). A di là delle qualità oggettive e austeniane che potremo scoprire di persona, questo lavoro teatrale ha un sicuro, grande merito: essere il primo adattamento mai realizzato da I Watson di Jane Austen. Era ora che qualcuno ci pensasse!

Un gioiello come questo meriterebbe di irradiare la propria luce più spesso di quanto la sua incompiutezza non ispiri.

Per approfondire
☞  i tè delle cinque dedicati a The Watsons (I Watson)
☞   recensione del romanzo I Watson e Emma Watson di Joan Aiken
☞   La scena di danza più lunga e minuziosa mai scritta da Jane Austen

Fonti

  • Michael Billington, The Watsons Review, The Guardian, 8 novembre 2018
  • Holly Williams, Jane Austenʼs Unfinished Novel Comes to the Stage, The New York Times, 6 novembre 2018

Siti dello spettacolo teatrale

Silvia Ogier

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