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Quando Jane Austen marciò per il diritto di voto alle donne

1908 NUWSS march, Jane Austen banner

fonte: womanandhersphere.com & vads.ac.uk

Nell’eterno, acceso dibattito su Jane Austen e il femminismo, pochi ricordano un fatto di primaria importanza per verificare l’accoglienza di questa autrice da parte delle donne che scelsero di organizzarsi in un movimento politico per l’ottenimento del diritto di voto. Pochi, infatti, sanno che Jane Austen partecipò alla grande marcia di Londra delle sostenitrici del suffragio femminile il 13 giugno del 1908. Ovviamente, non di persona ma come una delle donne eroiche del passato a cui le donne del tempo si ispiravano per le loro lotte di emancipazione dagli schemi antichi e ormai troppo inadeguati della società patriarcale in cui vivevano, a cominciare da quella per l’ottenimento del diritto di voto, il suffragio femminile appunto (e attraverso di esso, più in generale, il diritto di essere considerate persone, esseri senzienti e cittadine con lo stesso valore e le stesse opportunità degli uomini).
La marcia di protesta di quel giorno è rimasta scolpita nella storia mondiale come una delle pietre miliari della lunga lotta per i diritti umani sul nostro pianeta. E Jane Austen vi prese parte, insieme ad altre grandi madri della letteratura inglese, sfidando la temuta repressione dei poliziotti e della società patriarcale dall’alto di uno splendido stendardo di seta disegnato e ricamato con il suo nome dalle mani devote e grate delle militanti per il suffragio.

In questo 8 marzo 2018, a quasi 110 anni da quell’evento e a poco più di 200 dalla morte di Jane Austen, vi racconto questa storia di donne, diritti civili e letteratura offrendovi un tè forte e intenso – come Jane e le sue eroine, e come le donne che si riconobbero nei suoi scritti e marciarono quel giorno innalzandola a nume tutelare della lotta per il riconoscimento della dignità umana delle donne.

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Tutto il privilegio che reclamo.
Ovvero: Jane Austen e il Dialogo sulla Differenza di Genere

Riprendo in questo articolo una riflessione che ho presentato lo scorso 14 febbraio 2015 all’incontro dedicato a Persuasione nell’ambito del Jane Austen Book Club di Biblioteca Salaborsa e Jane Austen Society of Italy, a Bologna.

Manca poco all’8 marzo, Giornata Internazionale delle Donne (per carità, NON chiamatela Festa della donna!), e mi concedo un lungo tè delle cinque su Jane Austen e la sua lungimirante e acuta capacità di osservazione dell’animo umano e delle sue manifestazioni sociali, in particolare sui rapporti tra i sessi e la condizione femminile.
Così lungimirante da essere più avanti, assai più avanti di noi che abbiamo ancora bisogno di un 8 marzo per riflettere sul ruolo e il destino delle donne nella società patriarcale moderna.

Dicono di lei che nei suoi romanzi pensi solo al matrimonio e le sue fanciulle siano tutte un esempio di muliebri virtù tradizionaliste, e che per questo sia profondamente antifemminista. (È evidente che chi sostiene ciò non ha mai letto una sola parola delle tante, bellissime, scritte dalla graffiante penna della zitella illetterata…)
Per contro, dicono di lei che le sue eroine arrivino, sì, al matrimonio ma alle proprie condizioni in piena coscienza della propria dignità umana, e che per questo sia profondamente proto-femminista.
Io dico di lei che tutto quanto c’è da sapere in merito alla questione del femminismo in Jane Austen sia da cercare nell’unico posto possibile, cioè nelle parole che lei stessa ha scritto: le sue opere e le sue lettere. Ed è in un suo romanzo che oggi troverò molte risposte…

In un’epoca, la sua, in cui i ruoli sociali dell’uomo e della donna erano definiti da schemi intoccabili e a compartimenti stagni, e contrapposti, ben più rigidi di quanto non lo siano ancora oggi, ecco una donna antitetica al modello femminile predefinito e approvato, ultraquarantenne, nubile, di classe media, meno che benestante, per di più scrittrice (anche se anonima), che non teme di lasciare le briglie sciolte alla sua intelligenza e alla sua sensibilità e compone un dialogo che è meglio di qualunque trattato di sociologia, antropologia, psicologia e storia sui rapporti tra uomini e donne e sulla differenza di genere.

Frontespizio di Persuasione e L'Abbazia di Northanger

Frontespizio di Persuasione e L’Abbazia di Northanger

Accade in Persuasion (Persuasione), l’ultimo romanzo scritto (1816) e pubblicato (postumo, nel dicembre 1817) che, per lo stile ed i contenuti, mi permetto di considerare il testamento spirituale e letterario di Jane Austen, anche se del tutto involontario.
Per la precisione, accade al capitolo XXIII, un vero capolavoro nel capolavoro, per l’abilissima sceneggiatura, la prosa asciutta e perfetta che accompagna con sorprendente poesia lo scioglimento dell’intreccio, la caratterizzazione dei personaggi e alcune riflessioni sui massimi sistemi sociali.
A pensarci bene, un lungo dialogo sulle differenze psicologiche e sociali tra uomini e donne non sembra adatto ad un romanzo, tanto meno nel bel mezzo dello scioglimento dell’intreccio, quando noi, col fiato sospeso ad ogni sillaba, già pregustiamo il lieto fine… Affidato ad altre penne (come le tante che affollavano la letteratura dell’epoca), questo dialogo sarebbe diventato una tirata noiosa e pedante, aliena a tutto il resto, mentre qui è una scena tra le più emozionanti e poetiche che sia dato di leggere.

…Che inizia proprio come una conversazione qualunque, di quelle che io stessa potrei fare con un amico, su una questione di cuore e sul diverso comportamento degli uomini e delle donne nell’affrontarla.

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Jane Austen e Mary Wollstonecraft. Un interessante articolo della JASNA su questo eventuale legame.

Quali sono, se ci sono, i legami tra la prima teorica del femminismo occidentale, Mary Wollstonecraft, e Jane Austen?
Queste due grandi donne furono contemporanee per un po’, almeno fino al 1797, anno in cui la prima morì, ma non sappiamo se Jane abbia mai letto o riflettuto sulla Rivendicazione dei diritti della donna, pubblicato nel 1792, e sul dibattito che ne nacque e che proseguì sempre più vivo, senza mai fermarsi – anzi, diventando la base per un vero e proprio movimento culturale.
Non finiremo mai di discutere se Jane Austen sia da ritenere femminista e, se sì, fino a che punto –  ma questo non può che essere salutare!
Ecco un ottimo spunto di riflessione: sul sito di JASIT, un articolo tratto dalla rivista Persuasions della Jane Austen Society of North America (JASNA), tradotto in italiano da Mara Barbuni:
Me lo sono sempre chiesta… la donna Jane avrà letto quel libro? O articoli di giornale o saggi dedicati all’argomento? Che ne pensava? Nelle sue lettere non c’è alcuna traccia di ciò, e le sue opere…
Ebbene, su di esse vorrei riportare un brano tratto da questo articolo, e che trovo illuminante:

[…] anche Austen è una formidabile critica femminista. La sua voce è certamente più gentile, ammorbidita dai matrimoni che concludono i libri, dalla sua straordinaria ironia e dal senso dell’umorismo. Tuttavia c’è anche una solida presa di posizione femminista, che suggerisce che Austen, come Wollstonecraft, era in linea con una delle questioni più accese della sua epoca: il ruolo delle donne nella società.

Presto, ne riparleremo alla nostra maniera, cioè in forma di chiacchierata durante un tè delle cinque.
Per il momento, buona lettura e buona riflessione!