Il ballo più lungo e dettagliato scritto da Jane Austen è in The Watsons (I Watson)

Il ballo di Netherfield, BBC, 2013
Il ballo di Netherfield ricostruito da BBC nel 2013 a Chawton House (fonte: bbc.co.uk)

Nei romanzi di Jane Austen, la danza è una grande protagonista. Innanzitutto per una motivazione sociale: ai suoi tempi, era l’unica occasione che ogni persona aveva di interagire con altre persone, anche se sconosciute, e con un buon grado di libertà (benché all’interno di un quadro normativo ben preciso, dettato dalle regole dell’etichetta). Un ballo – grandioso o per pochi intimi, pubblico o privato – permetteva un’attività sociale di grande importanza che trascendeva il mero desiderio individuale e ne estendeva l’utilità all’intera collettività perché era il luogo ideale per rinsaldare i legami esistenti e intrecciarne di nuovi. Un ballo non era solo divertimento, dunque, ma un luogo sociale di capitale importanza per la vita dell’intera comunità. Inevitabilmente, i personaggi di Jane Austen partecipano ad una quantità di balli così come lei stessa, sua creatrice, e tutte le persone intorno a lei facevano nella realtà.
Il fine cesello austeniano dipinge in ognuno dei sei romanzi maggiori delle scene di danza memorabili, grandiose e avvincenti, in cui la penna dell’autrice si muove come la bacchetta di un direttore d’orchestra che concerta ogni elemento con gesto elegante e sicuro.
Ogni Janeite custodisce nel proprio cuore la preferenza per una scena di ballo in particolare. Ognuno di noi ha la sua preferita: l’intensissimo ballo di Netherfield in Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio); il perfetto ed emozionante ballo al Crown Inn in Emma; i tanti, avventurosi balli della giovane Catherine a Bath, con un cavaliere/pigmalione desiderabilissimo come Henry Tilney, in Northanger Abbey (L’Abbazia di Northanger)… Quanto è lungo l’elenco? Potremmo citarli tutti e conversarne per ore intere, fino a cogliere l’occasione per andarci a rileggere tutti i romanzi alla ricerca di ogni singola scena di ballo. Ma, sfogliandoli tutti in rigoroso ordine di pubblicazione, da Ragione e Sentimento via via fino all’ultima pagina di Persuasione, non mi sentireste mai esclamare “Ecco, questa è la mia preferita, in assoluto!”.
Non è tra i Fantastici Sei di Miss Austen, infatti, che troverete la mia scena di ballo più amata. La danza austeniana che più di tutte mi appassiona e mi lascia piena di ammirazione è in un romanzo incompiuto (e per questo assai poco conosciuto anche dai Janeite più convinti): The Watsons (I Watson).
È la scena di danza più lunga e accurata che Jane Austen abbia mai scritto, dove c’è tutto quanto necessiti sapere sia sul valore sociale del ballo a quei tempi sia sulla maestria dell’autrice nel raccontare la storia dei tanti personaggi in gioco, intrecciandola mirabilmente ai volteggi e alle regole della danza. Un diamante grezzo, che Jane non ha mai ripreso per la revisione finale e anche per questo inevitabilmente ancora lontano dalla perfezione assoluta dei balli che l’autrice comporrà negli anni successivi, ma pur sempre un gioiello che non può restare nell’ombra e deve far parte della conoscenza di ogni Janeite.

Per celebrare l’inizio del nuovo anno, dunque, vi invito al grande «ballo invernale della città di D., nel Surrey» con cui si apre il romanzo incompiuto The Watsons (I Watson). Indossate i vostri abiti più belli e le scarpe più fini, sciogliete un poco i piedi, calzate bene i guanti badando di non toglierli mai, ripassate le regole dell’etichetta, e tuffatevi con me ed Emma Watson nella lunga, affollata serata danzante. Che il ballo abbia inizio. Buon Anno!


Netherfield ball, BBC, 1995
Il ballo di Netherfield dallo sceneggiato Pride and Prejudice, BBC, 1995

La minuziosità con cui Jane Austen mette in scena il ballo dei Watson ci permette di viverlo appieno esattamente come lo viveva lei, ovvero in tutto ciò che caratterizzava il Prima, il Durante e il Dopo: l’importanza e la frenesia della preparazione, l’arrivo al ballo ed il suo inizio, l’entrata degli ospiti importanti, chi balla con chi e quante volte… la musica, le danze, l’abbigliamento, l’etichetta del ballo, le dinamiche tra i personaggi ed infine e i commenti a caldo una volta a casa, dopo la serata e persino le visite del giorno dopo.
Aprendo I Watson, del resto, l’importanza di questa lunga scena si rivela immediatamente al nostro sguardo: è l’incipit, dove il ballo è nominato per primo e resta saldamente protagonista per la metà delle pagine dell’opera, laddove la parte restante è dedicata alle conseguenze dirette di quanto vi accade.

Il primo ballo invernale nella città di D., nel Surrey, era in programma per martedì 13 ottobre, e tutti si aspettavano una bellissima serata; si contava sulla partecipazione di una lunga lista di famiglie della zona, e si nutrivano fiduciose speranze sulla presenza degli stessi Osborne. Ne seguì il consueto invito degli Edwards ai Watson. Gli Edwards erano una famiglia abbiente che viveva in città e aveva una carrozza propria; i Watson abitavano in un villaggio a circa tre miglia di distanza, erano poveri e non avevano una carrozza chiusa; da quando si organizzavano balli in città, i primi erano soliti invitare i secondi per abbigliarsi, pranzare e dormire a casa loro, in ogni appuntamento mensile nel corso dell’inverno. In questo caso, dato che solo due delle figlie di Mr. Watson erano a casa, e una era sempre necessaria per fargli compagnia, poiché era di salute cagionevole e aveva perso la moglie, solo una poteva approfittare della cortesia degli amici. Miss Emma Watson, tornata di recente in famiglia dopo essere stata affidata alle cure di una zia che l’aveva cresciuta, doveva fare la sua prima apparizione pubblica nel vicinato, e la sorella maggiore, per la quale il piacere di partecipare a un ballo non era diminuito dopo averne goduto per dieci anni, si fece onore nell’impegnarsi allegramente ad accompagnare per quell’importante giornata lei e i suoi vestiti migliori a D. col vecchio calessino.

Come sempre in Jane Austen, nel giro di poche righe iniziali abbiamo tutte le coordinate della vicenda. In questo caso, addirittura, abbiamo già indicazioni precise sulle consuetudini legate ad un grande ballo pubblico nelle Assembly Rooms della città principale della contea (ovvero Dorking, da cui l’iniziale “D.”). Ed è alla voce di Elizabeth Watson, la sorella maggiore, che Jane affida il compito di istruire Emma e noi sul modo appropriato di condursi al ballo:

Ball at Meryton assembly rooms
Il ballo alle Assembly Rooms di Meryton – Pride and Preudice, film di Joe Wright, 2005

Mentre sguazzavano lungo la stradina fangosa, Miss Watson istruì e mise in guardia così la sorella inesperta.
“Credo proprio che sarà una bellissima serata, e tra così tanti ufficiali sarà difficile che ti manchino cavalieri. Vedrai che la cameriera di Mrs. Edwards sarà dispostissima a darti una mano, e se ti trovassi in difficoltà ti consiglio di chiedere l’opinione di Mary Edwards, perché ha molto gusto. Se Mr. Edwards non perde soldi a carte, resterete finché ne avrete voglia; se li perde, forse vi metterà fretta per tornare a casa, ma avrai di certo una buona zuppa. Spero che ti presenterai bene; non mi sorprenderei se ti ritenessero una delle ragazze più graziose in sala, la novità fa sempre effetto. Forse Tom Musgrave ti noterà, ma ti consiglio di non dargli nessun incoraggiamento. Generalmente fa la corte a ogni ragazza nuova, ma è un gran cascamorto e non ha mai intenzioni serie.”

Con l’entrata in scena del primo dei tre giovani scapoli appetibili della vicenda, Tom Musgrave, arriva anche il riferimento inevitabile allo scopo più esplicito di un ballo a quei tempi: boys meet girls, i ragazzi incontrano le ragazze – alla maniera ottocentesca, s’intende, ovvero i buoni partiti maschi incontrano le fanciulle più belle, il cui grado di bellezza è comunque classificato secondo la dote in denaro e/o in relazioni sociali (le famose connections di cui i personaggi austeniani parlano sempre).
Questa era la legge fondamentale del matrimonio secondo la società patriarcale dell’epoca, mirabilmente riassunta da Jane Austen nella convinzione di Mrs Jennings in Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento) al cap. 8: «Sarebbe stata un’unione eccellente, perché lui era ricco e lei era bella». Il capitale degli uomini era il denaro, quello delle donne la bellezza. Null’altro era richiesto.
L’importanza strategica di partecipare ad un ballo per una fanciulla in età da marito viene ulteriormente rafforzata poco più avanti, quando Emma tenta comunque di convincere Elizabeth ad andare al posto suo. La reazione della sorella maggiore rivelo quanto questo schema sociale sia incontrovertibile:

“Mia carissima Emma”, esclamò con calore Elizabeth, “pensi che farei una cosa del genere? No, per tutto l’oro del mondo; ma non dimenticherò mai la tua bontà nel propormelo. Devi avere un carattere dolce, davvero! Una cosa simile non mi è mai capitata! E veramente rinunceresti al ballo, per farci andare me? Credimi, Emma, non sono così egoista. No, anche se ho nove anni più di te, non sarò io a impedirti di farti vedere. Sei molto carina, e sarebbe molto brutto non permetterti di avere una possibilità per fare la tua fortuna, come ne abbiamo avute tutte noi. No, Emma, se qualcuno resterà a casa questo inverno, non sarai tu. Sono sicura che non avrei mai perdonato chi mi avesse negato un ballo a diciannove anni.”

Dopo l’esposizione di alcune dinamiche importanti per completare il quadro familiare e sociale dei Watson, arriviamo a destinazione: la porta di casa Edwards viene aperta da un valletto in livrea con i capelli incipriati, e facciamo il nostro ingresso insieme a una timida Emma.
Dalla conversazione tra i padroni di casa scopriamo che la presenza dei notabili del luogo, i nobili Osborne, assicurerà al ballo un’adeguata dose di splendore sociale che genera grandi aspettative.

Mr. Edwards proseguì a riferire ogni minimo particolare delle notizie apprese durante la sua placida passeggiata mattutina, e chiacchierarono con maggiore vivacità, fino a quando non arrivò per Mrs. Edwards il momento di vestirsi, e alle signorine fu premurosamente raccomandato di non perdere tempo. Emma fu accompagnata in una stanza molto confortevole, e non appena le cortesie di Mrs. Edwards la lasciarono da sola, le gioiose incombenze, le gioie preliminari di un ballo, ebbero inizio.
Le ragazze, vestendosi in qualche misura insieme, fecero inevitabilmente meglio conoscenza; Emma trovò in Miss Edwards dimostrazioni di buonsenso, un animo modesto e non pretenzioso, e un grande desiderio di essere cortese, e quando tornarono in salotto, dove Mrs. Edwards sedeva dignitosamente abbigliata in uno dei due abiti di raso che usava d’inverno, e con un cappello appena arrivato dalla modista, vi entrarono con molta più disinvoltura e con sorrisi più naturali di quando l’avevano lasciato.

Jane and Lizzy, Pride and Prejudice, 2005
Jane e Lizzy si preparano per il ballo – Pride and Prejudice, film di Joe Wright, 2005

La gioie preliminari di un ballo includono, però, anche qualche tormento, come l’attesa dell’orario più appropriato per partire:

Con nulla da fare se non aspettare il momento di avviarsi, il pomeriggio fu lungo per le due signorine, e sebbene Miss Edwards fosse piuttosto seccata per l’abitudine della madre di fissare sempre in anticipo l’ora di andare, quell’ora così in anticipo era attesa con una certa impazienza. L’arrivo del tè alle sette produsse un po’ di sollievo, e fortunatamente Mr. e Mrs. Edwards ne bevevano sempre una tazza in più, e mangiavano un dolce supplementare, quando dovevano restare alzati fino a tardi, il che prolungò la cerimonia quasi fino al momento desiderato. Un po’ prima delle otto si sentì passare la carrozza dei Tomlinson, ovvero il segnale usualmente usato da Mrs. Edwards per ordinare la sua, e in pochissimi minuti la compagnia si trovò trasportata dalla calma e dal calore di un accogliente salotto, al trambusto, al rumore e alle correnti d’aria dell’ampio atrio di una locanda.

E così, alla fin fine, eccoci!

Mrs. Edwards, stando comunque molto attenta al proprio abito, mentre si preoccupava con sollecitudine ancora maggiore dell’appropriato benessere delle spalle e della gole delle giovani a lei affidate, fece strada su per l’ampia scalinata, mentre nessun rumore di ballo se non l’accordatura preliminare di un violino giungeva a deliziare le orecchie del suo seguito, e a Miss Edwars, che si era arrischiata a chiedere ansiosamente se fosse già arrivata molta gente, un cameriere ripose, come lei d’altronde già sapeva, che “la famiglia di Mr. Tomlison era in sala.”
Nell’attraversare un breve corridoio verso la sala da ballo, che splendeva di luci di fronte a loro, furono avvicinate da un giovanotto in abito da mattina e stivali, che stava in davanti alla porta di una camera da letto, all’apparente scopo di vederle passare.

Con l’incontro con Tom Musgrave, la scena comincia ad animarsi gradualmente, e il racconto di Jane Austen ci fa percepire ogni elemento: il rumore delle carrozze che arrivano e scaricano gli ospiti, i passi ed il vocio di chi entra, il fruscio degli abiti, le chiacchiere di circostanza durante i saluti e quelle di approfondimento su questo o quel gentiluomo o fanciulla… Nel frattempo, Emma non passa inosservata, ci avvisa Jane Austen, e mentre ce la mostra già impegnata nel suo primo ballo (con un ufficiale! – le giubbe rosse sono molto presenti anche qui, non solo a Netherfield), ci concede una breve descrizione dell’aspetto e del carattere della protagonista.

Northanger Abbey, film ITV 2007
Catherine Morland danza con Henry Tilney – Northanger Abbey, film ITV 2007

Che però non dura molto, come Jane vuole, perché… ecco il momento più atteso della serata:

Non erano ancora terminati i primi due balli, quando il riaffacciarsi del rumore di una carrozza dopo una lunga interruzione richiamò l’interesse generale, e “Arrivano gli Osborne, arrivano gli Osborne!” si udì per tutta la sala. Dopo qualche minuto di straordinaria confusione all’esterno, e di vigile curiosità all’interno, l’importante comitiva, preceduta dal premuroso padrone della locanda intento ad aprire una porta che non era mai stata chiusa, fece il suo ingresso.

Con gli attesissimi ed altolocatissimi Osborne, entra anche la giovane vedova Mrs Blake con il figlio, Charles di appena dieci anni. La loro apparizione ci fa entrare nel cuore di questa scena, nel momento più emozionante, il vero fulcro del romanzo. Intorno a questo giovane ospite, infatti, ruota un vero atto eroico, tanto potente quanto minimalista, come solo Jane Austen sa creare: un gesto all’apparenza semplice e cortese di Emma ci rivela il suo carattere e tutta la sua caratura di vera eroina austeniana, e determina tutto quanto accade successivamente.
La partecipazione dei bambini era auspicabile perché permetteva loro di mettere in pratica le lezioni di danza (che tutti prendevano, o con un maestro o con l’aiuto di familiari più grandi) e di imparare le regole non scritte ma rigidissime del comportamento richiesto in tali occasioni. E Charles, infatti, è molto impaziente perché dovrà ballare nientemeno che con Miss Osborne – se non fosse che quest’ultima lo pianta in asso in favore di un cavaliere assai più appetibile.

Se il volto del povero ragazzino aveva attirato l’attenzione di Emma nel momento della felicità, la colpì infinitamente di più sotto l’effetto di quell’improvviso rovesciamento; era il ritratto della delusione, le guance imporporate, le labbra tremanti e gli occhi fissi al suolo. La madre, soffocando la propria mortificazione, cercò di lenire la sua con la prospettiva della seconda promessa di Miss Osborne, ma sebbene lui fosse riuscito a dire, con uno sforzo di infantile coraggio, “Oh! non m’importa!” era molto evidente, dall’incessante agitazione dei suoi lineamenti, che gli importava come non mai.
Emma, non pensò né valutò; sentì e agì.
“Sarei molto felice di ballare con voi, Signore, se vi fa piacere”, disse, porgendogli la mano con spontanea giovialità.
Il ragazzo riacquistò in un attimo tutta la sua felicità, guardò con gioia la madre e, facendosi avanti con un sincero e sobrio “Grazie, Signora”, fu subito pronto a dedicarsi alla sua nuova conoscenza. La riconoscenza di Mrs. Blake fu più estesa; con uno sguardo che esprimeva a pieno il piacere inaspettato e una viva gratitudine, si rivolse alla sua vicina con ripetuti e calorosi ringraziamenti per una gentilezza così grande e accondiscendente verso il suo ragazzo. Emma, con assoluta sincerità, le assicurò che non poteva concedere piacere più grande di quello che provava lei stessa, e dopo che Charles si fu messo i guanti e gli fu raccomandato di tenerli, raggiunsero, con quasi la stessa soddisfazione, il gruppo che si stava formando rapidamente.

È così che Emma Watson conquista tutti, noi lettrici e lettori così come gli ospiti del ballo invernale nelle Assembly Rooms di Dorking.

Mansfield Park, P. Rozema, 1999
Il ballo di Mansfield Park, film di P. Rozema, 1999

Una volta terminate le danze, Emma scoprì che era l’ora del tè.

La pausa ristoro era fondamentale: i balli iniziavano intorno alle otto o nove di sera e la pausa era prevista dopo tre o quattro ore di musica e danze ininterrotte. Il tè, che diventava una vera e propria cena (supper) nei balli più sontuosi, era anche una situazione strategica per le relazioni personali: poiché l’accesso alla stanza dove il tè era allestito richiedeva lo spostamento di tutti i partecipanti, poteva essere complicato trovare posto e soprattutto trovarlo vicino alle persone giuste. L’ultimo ballo prima del tè, quindi, assumeva un’importanza notevole per chi aveva degli obiettivi sensibili perché dava l’occasione di accompagnare la dama al tè, sempre se la famiglia lo permetteva.

Il ballo di Netherfield, BBC 2013
Un dettaglio della ricostruzione del ballo di Netherfield a Chawton House, BBC 2013

Anche qui accadono diversi fatti notevoli, che portano alla ripresa delle danze, all’uscita degli Osborne e dei loro amici, al proseguimento della festa per altri due balli e al ritorno a casa, nel cuore della notte se non addirittura verso l’alba.

Anche questo era un momento fondamentale del ballo: nonostante l’ora tarda, vediamo il gruppo degli Edwards ed Emma restare ancora alzati per una zuppa e diversi commenti sul ballo appena concluso, e solo dopo questo rito finale vediamo la nostra eroina, stanca e felice, andare «a dormire di ottimo umore, con la testa piena di Osborne, Blake e Howard».

Un’altra consuetudine post-ballo erano le visite del giorno dopo, per andare ad approfondire le nuove conoscenze o, soprattutto, per scambiare tra amici le opinioni sul ballo della sera prima. Ed è proprio su queste visite e conversazioni del giorno dopo che si apre ufficialmente la seconda parte dei Watson, su cui ogni evento e dinamica messa in campo durante il gran ballo si riverbera sul destino di Emma e di chiunque abbia avuto modo di interagire con lei.

The Watsons, manuscript
Il manoscritto di The Watsons (I Watson) – fonte: en.wikipedia.org

È, ahimé, un destino che non abbiamo il piacere di vedersi compiere davanti ai nostri occhi, dipanandosi in tutta la sua bellezza narrativa, perché Jane Austen abbandonò il romanzo nel 1805 mentre viveva a Bath per motivi ancora oggi soltanto ipotizzabili e non confermabili, e non lo riprese mai più, nemmeno negli anni proficui e maturi di Chawton, quando pure rivide e pubblicò tre dei romanzi già scritti in gioventù (Elinor and Marianne, poi Sense and Sensibility; First Impressions, poi Pride and Prejudice; Susan poi Northanger Abbey).
Ma la grandiosa, lunga, minuziosa scena del ballo invernale della cittadina di D., nel Surrey, che apre quest’opera incompiuta resta un piccolo gioiello di ricostruzione storica e sociale e di grande abilità narrativa che anticipa la perfezione dei romanzi che Jane metterà a punto a partire dal 1809, appena quattro anni dopo aver lasciato il microcosmo dei Watson per sempre cristallizzato in questa meravigliosa, grandiosa scena di danza.

Il mio augurio è di aver indotto chi mi ha seguito fin qui a ripescare dal proprio scaffale austeniano questo volume, che in molti casi immagino assai impolverato perché inutilizzato da troppo tempo, e a rileggerlo, oppure a scoprirlo se non è mai stato letto. Un gioiello come questo merita di irradiare la propria luce più spesso di quanto la sua incompiutezza non ispiri.

Buona lettura, buon ballo e ancora una volta Buon Anno!


Nota a margine
Sorprende che la settima arte non si sia mai appropriata dei Watson: proprio come qualunque altra opera di Jane Austen, anche questo incompiuto presenta una sceneggiatura perfetta già pronta per essere impastata, cotta e consumata. Se qualcuno si è preso il disturbo di portare sullo schermo il più doloroso degli incompiuti austeniani, Sanditon, non si vede perché non possa esserlo questo, così luminoso e storicamente interessante. Si ha notizia soltanto di un recentissimo adattamento per il teatro, di cui parleremo presto, e che spero sia solo l’avvio di altri adattamenti.


Per saperne di più
☞  L’abbandono dei Watson e il periodo più difficile della vita di Jane Austen: Che cosa accadde a Bath?
☞  Il tentativo di un’autrice moderna di completare il romanzo: I Watson e Emma Watson di Joan Aiken, ed. TEA
☞  Tutto sulle regole e le consuetudini del ballo ai tempi di Jane Austen: A dance with Jane Austen, di Susannah Fullerton, ed. Frances Lincoln


Nota
Tutte le citazioni dalle opere di Jane Austen sono nella traduzione di G. Ierolli, da jausten.it

Silvia Ogier

Prendi un tè con Jane Austen, partecipa alla conversazione!

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